9 Dec 2010 Palermo la Sicilia e l'Italia realmente colpiti da continui alluvioni terremoti frane, ma anche l'Io universale • Gabriella Lupinacci pittrice informa & documenta con Art

Giovedì 9 dicembre 2010 | 00:00
9 Dec 2010 Palermo la Sicilia e l'Italia realmente colpiti da continui alluvioni terremoti frane, ma anche l'Io universale • Gabriella Lupinacci pittrice informa & documenta con Art

Tele astratte, create dalla pittrice Gabriella Lupinacci, con tecnica mista ed un contrasto rosso/nero che risulta suggestivo e al tempo stesso inquietante.

Sagome umane, distorte, senza testa, mummificate e frammenti architettonici sospesi che alludono alla frantumazione dell'identità individuale e all'attesa di ricostruzione di un mondo sismicamente devastato nel profondo.

Un mondo che rappresenta non solo la Sicilia o l'Italia, realmente colpiti da continui alluvioni, terremoti, frane, ma anche l'Io universale, sempre in bilico tra eventi esteriori ed interiori, che aspira al rispetto di una sua identità: l'uomo travolto dalla natura dirompente dei fiumi, delle montagne e dal gioco psicologico che si svolge dentro di sé, in una continua lotta tra bene e male.

E' una scelta pittorico-scenografica sapiente ed efficace che guida passo passo spettatori e attori nello sviluppo del dramma, attraverso la scelta cromatica del rosso e del nero.
Il primo, SIMBOLO dell'uomo, del caos e della guerra, ma anche del sole, e del fuoco è il colore legato alla sopravvivenza ed alla passione, nella sua vasta scelta di tonalità.

• Rosso acceso che rende più aperti, loquaci, premurosi e passionali. Libera l’adrenalina e aumentando l’euforia generale, esalta i movimenti degli attori e le azioni sulla scena, impreziosisce il racconto e mette in rilievo tutto un universo di esseri in preda ai ricordi o rimpianti.

• il nero, usato per rappresentare il vuoto, l'oscurità, il dolore, l’annullamento di ogni emozione e la conclusione oltre cui non c’è nulla. Un nero duro e solenne, associato al Potere e all'autorità, ma anche alla fragilità ed al bisogno di certezze. Il colore della tristezza, del disagio, della depressione, capace di influenzare l’umore, e regalare sempre sulla scena un alone di mistero profondo e sensuale.

Le tele centrali, con la scalata al potere di uomini senza testa, di mani impietose, di un viso distorto ed interrogativo ed una valle chiaroscurale di grida e richieste silenziose, hanno fatto da mantello ai comportamenti bizzarri, alla mimica distorta e alla gestualità stereotipa degli attori barboni, con le loro condizioni di vita estremamente precarie, povere di stimoli e spesso disumanizzanti.

• La piéce scorre senza esitazioni, ma nel conflitto, una lotta aspra tra le forze psichiche coscienti e inconsce, tra le aspirazioni poetiche e le crisi complesse e tormentose che spesso precedono il risveglio o il vuoto.

• Gabriella Lupinacci, dipingendo in estemporanea sulla scena, ha mostrato i nefasti effetti di questo processo, facendoci vedere, al tempo stesso, la ricchezza, la ruspante saggezza, l’umanità che rimane ancora oggi sotto i ponti e per strada, dai volti stralunati e tormentati di tanti esseri umani che non avendo più un ruolo sociale ed un posto dove andare, costituiscono un insopprimibile “gruppo solidale di Umanità”.

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