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Manager ! Attiva il testimone interiore per gestire le Paure . . . secondo il Maestro Zen C. Joko, significa osservare . May 2011 . . profezia che si auto - avvera

Martedì 3 maggio 2011 | 00:00
Manager ! Attiva il testimone interiore per gestire le Paure . . . secondo il Maestro Zen C. Joko, significa osservare . May 2011 . . profezia che si auto - avvera

• GESTIRE LA PAURA CONSIGLI PER MANAGER •


////////////// • 1. Attiva il testimone interiore !

Secondo il maestro Zen C. Joko, significa osservare noi stessi mentre facciamo qualcosa. Il testimone interiore non è collocato in alcun luogo, non giudica, non esprime opinioni, semplicemente guarda. Se sono arrabbiato, guarda la mia rabbia, se sono impaurito, mi guarda mentre ho paura.
Questo ruolo di osservatore è apparentemente facile ma in realtà non lo è. Richiede la capacità fondamentale di mantenersi in una posizione di neutralità.

Cosa importante da notare è che questa pratica non comporta la separazione tra la parte che osserva e quella che è osservata come ci si può immaginare. In sostanza, il testimone vede la paura che ci abita dentro e che tende a oscurare tutto il resto ma, poiché guarda da lontano, vede anche il resto, le altre qualità e sentimenti che non solo convivono con la paura ma possono essere sollecitate per contrastarla.

Rjneesh Chandra Mohan Jain, meglio conosciuto con il nome di "Osho" dice che come il cielo "non è le nubi" ma è attraversato dalle nubi così noi non siamo i nostri pensieri ma ne siamo solo attraversati. Allora il testimone è chi guarda le nubi, non le confonde con il cielo, le distingue le une dalle altre e le può anche spingere via e vedere, che oltre alle nubi c'è altro.

Sperimentare la relazione con questo osservatore non giudicante, posto al di fuori del tempo e dello spazio può infatti attivare una conoscenza di noi nell’istante attuale più ampia, sia dal punto di vista cognitivo che emotivo e può aiutarci ad agire. In questo modo eliminiamo la coazione a ripetere comportamenti non utili, cancelliamo le nostre abitudini emozionali, la nostra storia personale e, perché no, anche il nostro passato, nell'affrontare le situazioni soprattutto quelle nuove e difficili.

Tutto ciò comporta la disponibilità da parte nostra ad accettare la fotografia di noi stessi che il testimone ci rimanda, anche se non corrisponde del tutto alle nostre attese, e il coraggio di guardare alle nostre debolezze chiamandole per nome.

Richiede, inoltre, una certa dose di curiosità di andare a fondo nella conoscenza di se stessi, di volersi scoprire, e una certa resistenza per stare concentrati anche nei momenti difficili senza ricorrere a distrazioni che non farebbero che allontanarci dalla reale comprensione dei meccanismi che scattano in noi in determinate situazioni.

Con la pratica si scopre un’altra cosa interessante.

I momenti della vita in cui è in funzione il testimone sono i più vivi, si vede in modo più focalizzato e la direzione da prendere appare più chiara.

Un senso di accoglienza verso di noi ci pervade e una forza interiore positiva ci permette un pensiero più lucido. È qui che può entrare in gioco l'intuizione, la creatività e si possono pensare "pensieri mai pensati". Non sentiamo più paura e sentiamo che le possibilità non ci sono precluse.

2. Abbraccia i mostri.

Ci sono momenti della vita in cui le difficoltà ci sembrano superiori alle nostre capacità, ne abbiamo paura e siamo invasi da pensieri che, oltre a essere angoscianti, sono anche dispendiosi perché risucchiano energie e ci fanno vivere degli incubi che non necessariamente sono destinati ad avverarsi. Insomma è come stare in compagnia di mostri sgradevoli.

È indubbio che, per abbracciare un mostro, bisogna innanzitutto "abituarsi" alla sua presenza: riuscire a guardarlo e a riconoscerlo, accettarne l’esistenza e la vicinanza e, infine, decidersi a interagire con lui, fino ad abbracciarlo... o quasi.

"Se c'è un mostro in te, affrontalo; allenati in maniera costante a fare quello che ti fa paura, anche nelle piccole cose... ”.

Gli obiettivi dell'allenamento sono due: ridimensionare la visione del mostro e sviluppare competenze e capacità per combatterlo se e quando si manifesterà nella realtà.

Ecco alcuni esercizi che potrebbero far parte dell'allenamento:
Scrivi le tue paure. In questo modo, il primo risultato che otteniamo è dare uno spazio fisico ai nostri mostri: "Posarli sulla carta" davanti ai nostri occhi e farli uscire dalla mente che così si alleggerisce.

Scegli dalla lista delle paure, quelle più banali e che riguardano delle situazioni definite e ben individuate e “abbraccia il mostro"! Questo significa adottare una strategia esattamente contraria a quella istintiva. Per istinto, infatti, tendiamo a rifuggire le situazioni che ci spaventano mentre dobbiamo iniziare a "ricercarle", ma alle nostre condizioni: per allenarci.

/////////// Per le paure più inconfessate e oscure, potrebbe essere inaspettatamente utile cercare di immaginare come potrebbero verificarsi e identificare le responsabilità che noi stessi potremmo avere rispetto all'avverarsi degli eventi. Questo esercizio aiuta talvolta a capire il fenomeno della "profezia che si auto-avvera".

Infatti, creando un'ipotetica storia che conduca alla tragedia paventata si renderanno evidenti i comportamenti propri e altrui che pensiamo possano determinare l'evento stesso. A questo punto avremo Il disposizione elementi preziosi per prevenire l'avverarsi dei fatti in funzione del potere d’intervento che riteniamo di poter avere sugli stessi. Individuare i comportamenti positivi che potremmo pragmaticamente attivare per evitare le conseguenze che temiamo, è una tecnica che ci aiuterebbe a "responsabilizzarci" rispetto alle nostre paure evitando di "dare tutta la colpa" a fattori esterni.

////////////// Ultimo esercizio da fare. Capire cosa perderei e cosa guadagnerei se il mostro diventasse reale. Si scoprirà che tutto ciò si può perdere o guadagnare anche senza che si avveri la tragedia temuta...

È da queste considerazioni che può nascere la consapevolezza di aver bisogno di rivedere comunque la nostra vita, capire cosa vogliamo veramente e quale prezzo siamo disposti a pagare per giocare la nostra partita.

3. Non dare spazio al giudice interiore .

Fino a qui abbiamo descritto situazioni di allenamento, cioè quando la paura è nei confronti di qualcosa che non c'è e che immaginiamo. Ma altra cosa è quando sperimentiamo direttamente situazioni dolorose o molto pericolose, che generano la famosa tempesta biochimica incontrollabile. Ci sono piccole cose che, per fortuna, si possono fare per contenere e contrastare gli effetti della paura in situazioni reali.

Occorre in primis curare la propria autostima e non pensare che la fatica fatta "in allenamento" sia stata vana o non sia utile. L'autostima si mantiene nelle situazioni di pericolo e dolore reale, prendendosi cura di sé, ossia medicando la ferita invece di disprezzarci perché non siamo in grado di rialzarci subito.

Quando si è in difficoltà è facile vergognarsi, senza essere capaci di ammetterlo a se stessi. Mentre riconoscere la propria vergogna e l'invidia verso coloro ai quali “non è capitato” è il primo passo per superarle. Ricordarsi della propria adolescenza dove spesso ci si vergogna delle cose più insensate, senza ammetterlo nemmeno sotto tortura, aiuta a capire che, nel momento in cui descrivi ad alta voce la vergogna, essa mostra spesso la propria insussistenza.

Stare nel presente e non indugiare sul passato, cercando errori che abbiamo commesso e che avremmo potuto evitare. Primo, perché la verità è che, allora, non c'era nulla che avremmo potuto prevedere e quindi evitare. Secondo, perché questo processo è pericoloso, alimenta sensi di colpa e genera collera verso se stessi e gli altri e soprattutto non risolve la situazione attuale, ma anzi la complica.

Evitare il vittimismo e invece coltivare la compassione (intesa come "sentire con") per se stessi, avendo sollecitudine nei nostri confronti, riconoscendo la nostra essenza umana. In breve mai farsi la domanda "ma perché proprio a me?" Questo comporta anche la capacità di accettare una certa dose di sofferenza.
Conoscere i meccanismi, che, in generale, si attuano nelle situazioni di difficoltà, aiuta molto ad affrontarle. È quindi opportuno informarsi, leggere testi che descrivono i sentimenti e gli atteggiamenti che facilmente si creano, in modo da non sentirsi più inadeguati del necessario. Anche la famiglia, che verrà coinvolta dall' onda di emozioni e difficoltà, deve essere informata e preparata.

4. Possiedi le cose, non farti possedere.

Straordinario quanto poco sforzo ci voglia per abituarsi alla vita comoda, alle cose costose, al prestigio e al successo. Altrettanto straordinario è quanta fatica sia necessaria per "ricordarsi" che si può stare con meno.

Il successo rischia talvolta di diventare una trappola e una gabbia: attraverso le sbarre, separato da noi, vediamo chi non può permettersi il viaggio esclusivo, il club riservato ai pochi e il ristorante alla moda e che quindi non ci frequenta.

Ma non è sempre chiaro, quando si vedono delle sbarre, se nella gabbia ci siamo chiusi noi o loro. Cioè, non è detto che la coazione ad avere e a possedere più cose non ci escluda dalla frequentazione umana di persone di grande pregio e da esperienze molto affascinanti. Mantenere l'allenamento a "entrare e uscire" da questa gabbia ci aiuta a godere dell'una e dell'altra posizione. Coinvolgere in tale allenamento chi vive intorno a noi può aiutare a vivere con maggiore forza le situazioni in cui la nostra posizione è in discussione e si apre la possibilità di lasciare la gabbia dorata per entrare, magari solo provvisoriamente, nella gabbia di latta.

5. Costruisci un percorso.

Darsi un metodo. Certe situazioni di difficoltà vanno affrontate con scientificità, dandosi una disciplina, programmando le attività che ci sono utili per superare il momento.
Riempirsi l'agenda. Se siamo già usciti dall'azienda è importante concederci un po' di riposo e un periodo sabbatico.

Cambiare luoghi, magari lingua, e fare qualcosa di assolutamente diverso da quello fatto fino a ora, potremmo scoprire così nuovi talenti e capacità! Al ritorno, però, è necessario essere "concreti" e darsi un programma, riempirsi l’agenda, uscire fuori di casa e trovare delle alternative. Contattare persone che possono darci una mano, amici che ci diano uno spazio fisico di lavoro e, se possibile, un "biglietto da visita". Avere quindi una "giornata-tipo", con impegni e cose da fare.

Confrontarsi con gli altri proteggendo i propri confini. Nel confrontarsi con gli altri è sicuramente di grande aiuto la consapevolezza di sé che siamo riusciti a sviluppare. Avere ben chiara la fotografia del proprio "essere" ed essere consapevoli delle implicazioni emotive che certe azioni possono avere su di noi, può aiutarci a mantenere la giusta distanza rispetto ai "saggi" consigli che riceveremo ma che inevitabilmente dovremo personalizzare.

Trovare un'attività fisica per scaricare le energie e riattivarle. Il corpo è la cassa di risonanza e di accumulo dei nostri veleni emotivi e mentali e bisogna trovare il modo di scaricare l'inquinamento interno. Qualsiasi sport o attività che ci aiutino a "scaricare" e "sentire" il nostro sono benvenute!

Avere un ricordo incoraggiante per sé. Nei momenti difficili quando tutto sembra che non funzioni, può essere d'aiuto trovare nella nostra memoria un'esperienza passata in cui ci eravamo trovati in difficoltà e che poi, nel tempo, eravamo riusciti a superare. Ricontattare le risorse interne, sia cognitive che emotive, dalle quali avevamo attinto forza "là e allora", può aiutarci a riprenderci la nostra energia e il nostro coraggio "qui e ora" ridandoci la possibilità di avere una visione, un progetto su di noi.
Insomma ritornare a sognare...

Dobbiamo infine ricordarci che determinazione e costanza sono 2 fattori di successo critici per trasformare il sogno in realtà. Perciò queste qualità sono da sviluppare a prescindere nel corso della nostra esistenza, per non "lasciarsi andare" nei momenti più difficili.
- Giancarlo Pastore -

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